lunedì 26 gennaio 2009

Solidarietà a Pietro Ichino

Scusate la notizia in ritardo di qualche giorno ma era doveroso che la evidenziassi. Pietro Ichino, giuslavorista e senatore del PD, è stato minacciato dalle cosiddette Nuove BR durante il processo che vede i brigatisti incriminati e il professore parte civile:

da "La Stampa"
Dalla gabbia riservata ai detenuti urlano insieme, sovrapponendo le voci: «Massacratore di operai!», «Siete una banda di sfruttatori», «Vergogna!». Davide Bortolato, Vincenzo Sisi, Alfredo D’Avanzo, Claudio Latino e Massimiliano Toschi, cinque dei 17 presunti appartenenti alle "nuove Brigate Rosse", balzano in piedi e si aggrappano alle sbarre quando il professor Pietro Ichino illustra le ragioni che lo hanno indotto a costituirsi parte civile nel processo.

«L’ho fatto - spiega - non tanto per me, ma perchè le limitazioni, le intimidazioni permanenti alla libertà di pensiero sono qualcosa che pesa sull’intero Paese». Il presidente della prima corte d’Assise, Luigi Cerqua, interrompe subito il dibattimento per consentire agli agenti della polizia penitenziaria presenti in aula di identificare chi ha insultato il senatore del Pd e allontanarli dall’aula. Una decina di persone, il pubblico che segue tutte le udienze, familiari e amici degli imputati, applaude e rincara gli insulti.

Prima dell’inizio della testimonianza di Ichino, aveva preso la parola per rendere dichiarazioni spontanee Bortolato: «Il qui presente Pietro Ichino - queste le sue parole - si è costruito la propria carriera criminalizzando i lavoratori. Siamo contenti di averlo qua perchè in questo processo ci sono parti civili come lui, lo Stato e Forza Nuova: ciò dimostra la qualità politica del processo». Dopo la sospensione e l’allontanamento degli imputati ’riconosciutì dagli agenti, Ichino, definito da Ghirardi in un’intercettazione del 31 agosto 2006 «un bersaglio da colpire», è tornato sulle ragioni della sua richiesta di risarcimento ai presunti ’nipotinì dell’estremismo rosso. «C’è di mezzo - spiega - la mia libertà di espressione, di insegnamento, di pensiero. È giusto non solo per tutelare un mio diritto ma per tutti coloro i quali si trovano nella mia stessa situazione. Ovviamente non ho chiesto il risarcimento per loro, non avrebbe senso».

«Loro» sono i professori di diritto del lavoro, «l’ossessione - la definisce - dei terroristi. In Italia - sottolinea in un altro passaggio del suo intervento - chi tocca lo Statuto dei lavoratori muore». «Ha mai ricevuto minacce dirette?», gli domanda l’avvocato Sandro Clementi, che vuole dimostrare come Ichino abbia una percezione indotta da altri di essere minacciato, ma non una minaccia reale. «Sì - risponde - una lettera con una stella a cinque punte, nel 2006 - 2007. Mi fu poi confermato che i giuslavoristi in prima linea nel rapporto con le istituzioni erano nel mirino. D’Antona scriveva suoi miei stessi temi, io ho proseguito il suo lavoro». Il processo è stato aggiornato a lunedì.

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