Di nuovo, che vuol dire? Intende che la Cgil deve proporre il contratto unico, quello elaborato da Tito Boeri e Pietro Garibaldi, o, più di recente, del senatore del Pd, Pietro Ichino?
Sì. Ma con tre limiti precisi. Primo, deve sostituire tutti gli attuali lavori precari. Secondo, c'è il problema delle aziende sotto i 15 dipendenti, per le quali l'articolo 18 oggi non vale. Se introducessimo un solo contratto, con tutele crescenti, cosa succederebbe ai lavoratori di queste imprese? Terzo, i 36 mesi ipotizzati da Boeri e Ichino sono un tempo troppo lungo. Le tutele vanno reintrodotte prima.
Si rende conto che sta intaccando un grande tabù del sindacato, in nome del quale la Cgil portò in piazza tre milioni di lavoratori nel 2002, cioè l'articolo 18?
Questa discussione sull'articolo 18 è stucchevole. Ripeto, oltre l'80 per cento degli ingressi nel mondo del lavoro avvengono con contratti atipici. Dobbiamo guardare avanti e occuparci di loro.
giovedì 7 maggio 2009
Il sindacato che non ti aspetti
Leggo (con piacere!) l'intervista de Il Riformista a Carlo Podda, segretario generale della Funzione pubblica della Cgil, il quale fa un'interessantissima apertura alla proposta di un contratto di lavoro unico con tutele crescenti:
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